ANANDA
Nell’ambito delle attività marcando l’inaugurazione della prima edizione del Black history month a Bologna lo scorso febbraio, la Galleria Dei Marchi ha ospitato la mostra d’arte intitolata “ANANDA” frutto di una collaborazione tra l’artista Italo-Domenicana Patricia Mariani e il comitato culturale BHMB.
Questa prima edizione che si svolgeva sotto il tema “Obbligato” come abbiamo già potuto sottolinearne il duplice significato in varie occasioni, in questo caso per primo volevamo insieme all’artista sottolineare il contributo spesso oscurato o ignorato dei talenti Afrodiscendenti nella realtà artistica bolognese in particolare e italiana in generale, e d’altro canto condividere altri racconti umani con il pubblico locale, ai fini di contribuire all’elaborazione di una narrazione collettiva culturale del territorio.
A questo proposito, abbiamo ritenuto opportuno condividere con voi l’intento di “ANANDA” attraverso queste sensibili righe affidate generosamente alla direzione artistica del Black History Month dall’artista stessa.
“ANANDA” è un termine che nella cultura induista indica quel particolare sentimento di beatitudine e di gioia che scaturisce dal sentirsi meditativamente in connessione con l'intera creazione, e che viene percepito come uno stato di flusso in cui non esiste separazione alcuna tra il meditante e il resto dell'esistente. Da questa suggestione scaturisce la necessità di cercare all'interno dell'esperienza quotidiana quel sentire che possa trascendere l'individuale per avvicinarsi allo spazio del condiviso, dell'universale, a partire dal corpo inteso come strumento primario di conoscenza e di presenza. Il corpo, in questo senso e quasi per utopia, diventa così come l'unica materia attraverso la quale fare esperienza dell'extracorporeità , diventando una sorta di ricettacolo delle energie che attraversano il vivente. Per questo nella sua rappresentazione si svuota e si disperde, diventando un semplice involucro trasparente che rivela imprevedibili paesaggi, oppure come semplice proiezione, come sagoma-ombra per mezzo della quale viene fissata istantaneamente un'impressione fugace, un'emozione. Allo stesso modo e per osmosi anche il paesaggio diventa parte dell'esperienza, proiettando in sé quello stesso principio di continuo movimento, come un flusso denso che si avviluppa dentro e intorno alle cose. Attraverso la messa in scena di metamorfosi organiche e di metafore visive viene trasmessa parte di quell'esperienza che dalla sfera intima e personale diventa condivisa, nel tentativo di risvegliare energie e reazioni imprevedibili e per questo talvolta percepite come inquietanti. Il movimento e il fluire riconducono l'attenzione al corpo, invertendo i rapporti gerarchici che nella nostra cultura privilegiano il pensiero e la ricerca del potere a discapito del sentire primario e quindi del linguaggio delle emozioni, creando così nuovi percorsi all'interno dell'immaginario collettivo.
Biografia
Patricia Taide Mariani è nata nella Repubblica Dominicana e cresciuta in Italia, ha studiato presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera e all’Accademia delle Belle Arti di Bologna dove attualmente è iscritta al biennio di illustrazione. Dal 2012 vive e lavora a Bologna dove realizza le sue prime mostre personali di pittura, ispirate alla sua ricerca filosofica presso la galleria Fantomars. Nel 2014 inizia la collaborazione con l’associazione Dionisio nella Botte che la porterà alla realizzazione di due esposizioni collettive sul tema della Fiaba contemporanea con forti valenze sociali e politiche. Dal 2015 realizza una serie di spettacoli animati insieme all’attore Andrea Acciai e all’orchestra Senza Spine sui classici della letteratura per ragazzi. Con l’intento di riqualificare un’area dismessa della città, insieme al collettivo In context, realizza un intervento permanente all’interno dello spazio e contribuisce all’organizzazione di eventi culturali in collaborazione con le realtà locali. Nel 2017 da vita ad un progetto di didattica dell’arte chiamato percorsi d’Arte incentrato sullo sviluppo della percezione visiva. Nel 2019 la sua ricerca artistica verte sulla sperimentazione di nuovi linguaggi come quello del fumetto e di nuove tecniche come l’incisione. Alla base della sua ricerca sta sempre la volontà di entrare in contatto con sfere del vissuto più profondo in cui alberga un sentire più viscerale e spesso inconscio, in un processo di riaffioramento dell’invisibile attraverso il gesto e la materia.