Lo scorso febbraio, il Black History Month inaugurava la sua prima edizione nel Comune di San Lazzaro di Savena con il tema “Obbligato” in cui, come comitato culturale, sentivamo la necessità di condividere questo pezzo di memoria delle comunità afrodiscendenti presenti sul territorio bolognese con tutti i presenti, e tramite i canali web con tutti voi, attraverso vari eventi disseminati sul territorio bolognese e San Lazzarese tra cui il laboratorio performativo d’arte “Stolen Hands” a noi proposto dall’artista Cameruno-Francese Beya Gille Gacha, che prende spunto da una sua opera precedente esposta assieme alla restituzione del suddetto laboratorio performativo presso le Officine San Lab della Fondazione Golinelli. Come l’opera Cut the Hands, Cut the History, Cut the Power (2016), che evoca mediante la simbolica delle braccia tagliate, una metafora: Quella dell’amputazione della storia di un gruppo di essere umani, e di conseguenza, della sua capacità di realizzarsi nel futuro. La mano come strumento primo dell’uomo, è legata a connotati molto forti: tendere la mano, leggere il suo futuro(chiaroveggenza), costruire, rubare, parlare attraverso esse, sentire, accarezzare, portare, appagare, picchiare, benedire, questionare, cucinare, mangiare, … la mano è l’estensione della volontà di ogni essere umano, presa per acquisita e cosi necessario. In una riflessione intorno alla propria mano e dell’opera, il progetto Stolen Hands invita i partecipanti ad offrire la propria mano nel quadro di un’azione creatrice, in risposta alle mani rubate durante esazioni distruttive perpetrate dalla violenza del colonialismo come descritte nel testo introduttivo di Sarah Diffalah. Infatti i partecipanti si sono visti sottrarre la possibilità di usare la loro mano per qualche ora nel processo di realizzazione di un calco mediante una performance rituale e poetica dell’artista che non avevano mai incontrato prima e di cui dovettero fidarsi durante un dialogo poetico-tattile con essa e in cui hanno potuto immedesimarsi in un atto sostitutivo delle vittime di quella vicenda. In questo modo il comitato Black history month ha voluto commemorare insieme ai cittadini bolognesi, questo pezzo di memoria della storia dei popoli afrodiscendenti aprendo la strada ad una possibile futura loro inclusione nella società bolognese, anche attraverso la compassione e l’empatia che sono dei pilastri essenziali nella costruzione dell’amicizia tra i popoli gettando cosi le basi della materializzazione di una coscienza collettiva universale.
Dall’inclusione sociale possono nascere amicizie vere e proprie tra varie componenti di popoli diversi culturalmente. Se ci aggreghiamo alle riflessioni filosofiche di Sant’ Agostino che pone l’amicizia come strumento di conoscenza dell’altro, allora scopriremo la compassione e l’empatia in quanto compagne di viaggio di essa. Molto spesso la nostra compassione ed empatia possono essere messe a dura prova in base al livello di tragicità delle situazioni di cui solo l’essere umano fin’ora alla nostra conoscenza ne possiede gli arcani. Infatti abbiamo ritenuto opportuno condividere con voi un esempio illustrativo estratto da una vicenda che ha coinvolto alcuni popoli dell’Africa sub-sahariana ed il popolo belga.
Le Mani mozzate del Congo, un’orrore della colonizzazione
È una parte della storia che è stata a lungo dimenticata. Un massacro di massa che probabilmente causò diversi milioni di morti tra il 1885 e il 1908. Un'incredibile crudeltà. Un sistema che doveva consentire al regno belga di godere della ricchezza economica procurata dal Congo.
Nel 1885 in seguito alla “Conferenza internazionale” detta di Berlino (1884 – 1885) l’ allora cancelliere tedesco Otto von Bismark diede l’avvio alla spartizione dell’Africa tra vari Stati europei senza il consenso dei popoli in causa. Léopold II re dei belgi ossessionato dall’ idea di possedere una colonia si vedrà attribuire il Congo come “proprietà personale” e si avvalerà di una missione "civilizzatrice ed umanitaria" per consentire al regno belga di godere delle ricchezze del Congo.
Egli modernizza la regione, sviluppa le infrastrutture, favoreggia il commercio e l’agricoltura, crea delle città. Allo stesso tempo però, si appropria delle ricchezze locali, il caucciù e l'avorio, aggiudicandosi dal 1891 il monopolio del loro sfruttamento. L’amministrazione dello “Stato indipendente del Congo” organizza allora un sistema repressivo, brutale e selvaggio, per far lavorare le popolazioni autoctone. Per ogni infrazione una mano mozzata, massacri di massa, torture e sevizie corporali, asservimento, villaggi rasi al suolo, nulla fu risparmiato agli indigeni che cercavano di sottrarsi ai lavori forzati, non raccoglievano abbastanza caucciù o che non portavano abbastanza punte d’avorio. Il castigo più diffuso era mozzare la mano. Se i villaggi non portavano la quantità di caucciù necessaria, si radunavano i maschi adulti e li veniva tagliata una mano. La seconda volta anche l’altra e se la famiglia perseverava nella sua incapacità di adempiere al compito si arrivava fino all’uccisione.
Nel 1896 la stampa internazionale rivela le atrocità. Il quotidiano francese “La Cocarde” scrive:
"Al momento nella stampa di tutta l'Europa si parla solo delle atrocità commesse in Congo dai belgi. [...] Lavoro forzato degli indigeni i cui villaggi vengono bruciati quando non portano abbastanza caucciù (il missionario dice di aver visto non meno di 45 villaggi ridotti in cenere); mani tagliate e affumicate, per verificare la compatibilità delle cartucce affidate ai soldati neri inviati in spedizione; terrorizzazione degli indigeni, alcuni dei quali sarebbero stati colpiti di tanto in tanto solo per "dare l'esempio" [...]. "
Altra testimonianza sordida “L’éclaireur de l’Ain” :
"Un dipendente del Congo belga, il signor Parminter, racconta di aver visto portare agli europei, dai nativi ausiliari, rosari di orecchie umane, e un'altra volta, un sergente gli mostrò una borsa piena di mani mozzate secondo gli ordini di un ufficiale bianco, in un villaggio che non aveva fornito abbastanza gomma. "
“Opera di sterminio e spoliazione”
Il re agiva cosi impunemente che teneva un discorso sull’emancipazione e si presentava come un civilizzatore, organizzando pure conferenze internazionali sull’argomento. Nel 1897, La Lanterne pubblica una lettera del suo corrispondente a Bruxelles che parla di "opera civilizzatrice":
"Quando il governo ha chiesto al parlamento belga di autorizzare il re a diventare sovrano del Congo allo stesso tempo, ha approvato l'opera civilizzatrice a cui il Belgio doveva onorare per dare assistenza. [...] Ciò che è rimasto di queste belle promesse [...], c'è solo una parola per descriverlo: fallimento [...]. Lo Stato del Congo, fondato per reprimere la schiavitù, organizza il reclutamento di schiavi e i suoi agenti sono cento volte più barbari dei commercianti arabi. [...] Ed è per questa bella opera di sterminio e spoliazione dei nativi che abbiamo donato i nostri milioni e i nostri ufficiali ".
Nel 1901 la questione non si affievolisce nelle testate dei quotidiani. Il corrispondente a Bruxelles del “Journal” evoca
"narrazioni [che] nacquero da indiscrezioni vendute a lungo da missionari inglesi. Sono arrivate al punto di fabbricare fotografie false che rappresentano soldati che portano un sanguinoso raccolto di mani mozzate agli ufficiali belgi. Tuttavia, io sono in grado di certificare la veridicità di alcuni di questi fatti, che sono stati rivelati da agenti licenziati. Quindi, in un altro villaggio congolese, un agente avrebbe tagliato con un'ascia la gamba di un negro. Si dice che lo stesso agente abbia avuto una disputa con i missionari vicini e abbia ordinato al suo assistente di uccidere qualsiasi missionario che si avvicinava alla fabbrica. Altrove, sono stati assassinati i capi da uomini bianchi ".
Il quotidiano "le Matin" sogghigna cupamente con un "estratto, che potrebbe essere autentico, dei ricordi di Léopold II, re dei belgi":
"I grandi organi della città continuano a essere sgradevoli per me, sostenendo che [... ] Apparirò, nella cronologia reale del Congo, sotto il titolo irriverente di Caucciù I, o "re delle mani mozzate"!
Il Congo diventa il paese delle mani mozzate. Nonostante le manovre di Leopoldo II per manipolare la stampa innaffiando i suoi interlocutori, lo scandalo è stato globale e ha dato origine a una campagna per i diritti umani, finora inedita.
Il Congo non era l'unico paese in cui la colonizzazione era sanguinosa. Ma il numero delle vittime era tale da mostrare un sistema ineguagliabile. Poco prima della sua morte, Leopoldo II bruciò tutti gli archivi belgi che potevano comprometterlo. Alcuni documenti rimasero segreti fino agli anni '80.
Sarah Diffalah per Retro News 20 dicembre 2018
Introduzione e traduzioni a cura di Patrick Joel Tatcheda Yonk
All photos © Lorenzo Piano