Il modello nero nella pittura in Europa.
Dalla Grecia antica fino al Rinascimento, il modello nero è spesso rappresentato nelle arti in Europa. Dipinti, sculture,gioielli e scudi lo attestano.
Però è inciso nella coscienza collettiva che i soggetti neri se presenti nelle rappresentazioni artistiche, lo sono essenzialmente in quanto schiavi, servi o domestici.
Però è inciso nella coscienza collettiva che i soggetti neri se presenti nelle rappresentazioni artistiche, lo sono essenzialmente in quanto schiavi, servi o domestici.
Rarissime sono le mostre d'arte i cui artefatti presentano soggetti neri ricoperti di mantelli d'ermellino, di gioielli e collari d'oro. Eppure tali immagini esistono, talvolta nelle opere a carattere biblico, talvolta sotto forma di ritratti come amava farsi ritrarre la nobiltà di allora.
Chi sono dunque questi uomini e queste donne nere, riccamente vestiti, appartenenti alle classi superiori europee i cui nomi sono scomparsi mentre sono stati conservati quelli dei pittori che li hanno ritratti tali Jan Mostaert, Joos Van Cleeve, o ancora Albrecht Dürer, che furono ammessi come pittori ufficiali di famiglie regali? Può darsi che una nobiltà nera abbia vissuto e prosperato in Europa fino al diciottesimo secolo? La domanda si pone e rimane aperta.
BHMBo - Conferenze
La stagione inaugurale del Black history month accolta dal territorio bolognese, poggia sul tema “Obbligato” che come sottolineato durante la conferenza stampa, lo scorso gennaio al Palazzo d’Arcursio, ne evidenziava due aspetti fondamentali :
In primis la conoscenza dell’impegno sociale reciproco, sia delle comunità afrodiscendente sul territorio che quello del popolo italiano, nel tessere insieme un clima di convivenza pacifica e di condivisione delle culture al fine di favorire l’inclusione sociale dei primi.
In secondo come nel gergo Jazz, in stretta analogia con il significato della parola Obbligato che rimanda ad una melodia parallela che si sviluppa a pari passo con quella centrale ed i cui sviluppi possono avere lo stesso valore di quella centrale se non uguale a quest’ultima, cioè la condivisione della memoria e della storia dei popoli afrodiscendenti con i cittadini bolognesi tramite laboratori d’artigianato, mostre d’arte, conferenze ecc.
A questo proposito abbiamo ritenuto opportuno trattare la restituzione e la riparazione delle “opere d’Arte africana” volute da Emmanuel Macron nel 2018 che ha raccolto il contributo di intellettuali africani di tutte le discipline e tutte le provenienze tra cui quella del Prof Achille Mbembe storico e politologo camerunense che ha voluto condividere con noi le sue riflessioni, affidandomi la traduzione in Italiano a questo scopo.
Qui mi accontenterò di rendere disponibile soltanto uno spezzone selezionato appositamente.
Per voi introduzione e traduzione dal francese all’italiano a cura di Patrick Joel Tatcheda Yonkeu per BHMB --->
"Opere d’arte africano: Restituzione e riparazione" di Achille Mbembe storico e politologo camerunense
Dopo aver preso l’impegno di restituire il patrimonio africano presente nelle collezioni nazionali francesi, E. Macron ha affidato questa missione all’universitario senegalese Felwine Sarr.
L’intellettuale camerunense Achille Mbembe ci offre qui le piste di quello che considera come un dovere di verità e di giustizia.
Il 4 febbraio del 1874, Garnet Wolseley, capo del corpo della spedizione inglese, fece il suo ingresso nella capitale del regno Ashanti. Avvertito dalle sue spie il Re Ashanti Lasantehene Kofi KariKari aveva lasciato la città. Wolseley incendiò il palazzo regale dopo essersi impossessato di un gigantesco bottino. Tardi nella notte e nonostante la pioggia, secondo delle testimonianze, si poteva ancora vedere da lontano una luce rossicia illuminare la città. Tutto il tesoro regale fu razziato. Il bottino includeva enormi maschere in oro puro, il famoso Golden stool (il trono d’oro dei Re Ashantis) e molti altri oggetti sacri, di cui la maggior parte si ritrovarono più tardi al British Museum ed in altre collezioni private e pubbliche.
Sterminio e cancellazione simbolica
Il 17 novembre del 1892, era il turno del Generale Dodds a saccheggiare il palazzo regale d’Abomey (Benin). Troni e scettri regali, bracciali d’argento e d’ottone, tende di seta ricamata, rosari di Cauris, innumerevoli monete d’oro, armi, porte sacre e statue antropomorfe furono portate via.
La lavorazione del metallo era stata per molti secoli una delle caratteristiche della cultura Fon d’Abomey, e ancora la maggior parte di codeste opere si ritrovò in collezioni private ed altre istituzioni museali d’Occidente.
Non esiste nessun museo occidentale degno di questo nome che non riposi su un vasto campo di ossa africane. E non è tutto. A questo conteggio sommario bisognerebbe aggiungere migliaia di teste mozzate a colpi d’ascia ed esportate dall’Africa, risultato di innumerevoli decapitazioni dopo innumerevoli spedizioni punitive. Soltanto nell’attuale Namibia, più di 300 teste, raccolte dopo lo sterminio degli Hereros nel 1904, furono inviate in Germania. Maschere mortuarie, tra cui quelle di grandi capi africani, furono esibite durante “l’Exposition universelle” del 1889. Migliaia di teschi e centinaia di migliaia di oggetti africani si trovano oggi in diversi musei d’Europa. Il diritto di conquista non imponeva soltanto la disfatta militare dei popoli "selvaggi", bisognava anche spossessare materialmente e cancellare i legami che intrattenevano i loro oggetti con il Cosmos. Al museo dell’Uomo a Parigi, al museo delle confluenze a Lione, tutto come in numerosi centri ospedalieri ed istituzioni, resti di Re ed altre reliquie mortuarie sono ammassate in immense riserve, a volte senza segnalazione ne classificazione. Supporto di una classifica pseudoscientifica.
Non esiste nessun museo occidentale degno di questo nome che non riposi su un vasto campo di ossa africane. E non è tutto. A questo conteggio sommario bisognerebbe aggiungere migliaia di teste mozzate a colpi d’ascia ed esportate dall’Africa, risultato di innumerevoli decapitazioni dopo innumerevoli spedizioni punitive. Soltanto nell’attuale Namibia, più di 300 teste, raccolte dopo lo sterminio degli Hereros nel 1904, furono inviate in Germania. Maschere mortuarie, tra cui quelle di grandi capi africani, furono esibite durante “l’Exposition universelle” del 1889. Migliaia di teschi e centinaia di migliaia di oggetti africani si trovano oggi in diversi musei d’Europa. Il diritto di conquista non imponeva soltanto la disfatta militare dei popoli "selvaggi", bisognava anche spossessare materialmente e cancellare i legami che intrattenevano i loro oggetti con il Cosmos. Al museo dell’Uomo a Parigi, al museo delle confluenze a Lione, tutto come in numerosi centri ospedalieri ed istituzioni, resti di Re ed altre reliquie mortuarie sono ammassate in immense riserve, a volte senza segnalazione ne classificazione. Supporto di una classifica pseudoscientifica.
Nel corso del XIX secolo, una parte di questa raccolta macabra servi come materiale di base per dimostrazioni – pseudoscientifiche. La maggior parte di queste sperimentazioni avevano in realtà uno solo scopo: La classifica razziale del genere umano. Medicina, filosofia, scienze naturali, scienze umane… Tutte le discipline parteciparono a questa cupa impresa. La violenza coloniale non risparmiò ne gli esseri umani ne i beni. Il suo scopo ultimo era la desimbolizzazione della vita degli africani. L’insieme dei sistemi occidentali del sapere e della conoscenza ereditati dalla modernità ne fu contagiato. Di colpo, evocare lo statuto degli oggetti africani nei musei europei, è inevitabilmente convocare questa faccia oscura del colonialismo. Si parla allora oggi di “restituzione”. Restituire questi oggetti significa liberarli affinché essi ritrovino una nuova vita e che in ritorno loro possano fecondare forze di vita. Questo significa fare in modo che siano visti altrimenti. Da altri, compreso dai loro legatari legittimi...
Il video completo della conferenza
Le model noir a Bologna
Per quanto ci riguarda come comitato culturale, quello che è stato detto precedentemente solleva la questione di riparazione ed essa si farà anche necessariamente attraverso la riabilitazione delle memorie violate e disseminate dei popoli afrodiscendenti attraverso il globo. Ed è una delle ragioni che ha motivato il nostro impegno nella co-promozione con l’Accademia delle Belle Arti di Bologna, lo scorso febbraio, il progetto “Le model noir” a noi proposto dall’artista Franco-Avoriano Gopal Dagnogo. Ispiratosi alla rassegna di Opere tra pittura, scultura, fotografia ed incisione ospitata dal Musée d’Orsay di Parigi quest’anno intitolata “Le model noir da Géricault a Matisse”, precedentemente presentata a New York alla Wallach Art della Columbia University e voluta dal Presidente della Repubblica francese E. Macron, facendo eco alla sua promessa di restituzione e riparazione in riferimento alle “Opere d’arte africana”. In questa occasione, l’artista ha onorato la nostra iniziativa Black history month del suo contributo condividendo per mezzo di una conferenza nell’aula Magna dell’Accademia delle Belle Arti, la restituzione del frutto delle sue ricerche sul posto o lo statuto dell’uomo nero nelle società europee dalla fine del sedicesimo secolo agli inizi del ventesimo secolo attraverso la lente del pittore che segue lo sguardo dei suoi predecessori sucitati e della storia dell’arte.
Per voi introduzione e traduzione dal francese all’italiano a cura di Patrick Joel Tatcheda Yonkeu per BHMB --->
Gopal Dagnogo - Le model Noir
Mentre scrivo queste righe "Le model noir di Géricault" e tutte le opere che lo accompagnano continuano il loro giro al Mémorial Acte di Pointe à Pitre in Guadalupa, Museo commemorativo dell'abolizione del la schiavitù. È un progetto ambizioso, un approccio nomade multidisciplinare, che naviga da Harlem ai Caraibi, tra storia dell'arte e storia delle idee. Ecco cosa ci dice la nota di intenti del Musée d’Orsay:
"Questa mostra prende in esame questioni estetiche, politiche, sociali e razziali, nonché l'immaginazione rivelata dalla rappresentazione di figure nere nelle arti visive, dall'abolizione della schiavitù in Francia (1794) ai giorni nostri. Pur offrendo una prospettiva continua, si ferma più in particolare in tre periodi chiave: l'era dell'abolizione (1794-1848), il periodo della Nuova pittura fino alla scoperta di Matisse del Rinascimento di Harlem e gli inizi delle avanguardie del 20 ° secolo e le successive generazioni di artisti del dopoguerra e contemporanei. La mostra è principalmente interessata alla questione del modello, e quindi del dialogo tra l'artista che dipinge, scolpisce, incide o fotografa e il modello che posa. In particolare, esplora l'evoluzione della rappresentazione dei soggetti neri nelle principali opere di Théodore Géricault, Charles Cordier, Jean-Baptiste Carpeaux, Edouard Manet, Paul Cézanne e Henri Matisse, così come i fotografi Nadar e Carjat si evolve. "
Vasto programma, nobile e ambizioso. Il clamore che ne deriva è fragoroso. Voglio assolutamente vedere questa mostra promettente. Mi precipito al Musée d'Orsay, un grandioso museo di architettura ferroviaria, ho deciso di intraprendere un viaggio nel tempo, un viaggio attraverso la storia. Sono un pittore ed amo la storia. "Lemodel noir da Géricault a Matisse" mi ha lasciato diffidente. Ho avuto un'impressione di sopravvalutato, riscaldato. Morbido calore. Nessuna sorpresa, nessuna meraviglia, nessun incantesimo. Il modello nero ha mantenuto il suo posto, il suo rango, la sua classe bassa, il suo status inferiore. Naturalmente, la mostra intende riabilitare l'immagine dell'uomo nero nella pittura e nella storia in generale. Quindi vediamo due o tre incisioni di politici delle Indie occidentali o della Guyana del XIX secolo. Vediamo di nuovo il ritratto a figura intera di Jean-Baptiste Bellay appoggiato al busto di marmo di Guillaume-Thomas Raynal, il fervente anti-schiavitù. (1) Poi ci sono scene di schiavi che si agitano come lombrichi che vengono fatti a pezzi sotto le ciglia. Opere mal realizzate. E poi le catene che si spezzano. L'abolizione. I neri vengono liberati, passano nella vernice dallo stato di schiavo a quello di servo, servo, ragazzo, cameriera, tata o prostituta. Il ritratto di Joseph dipinto da Géricault (2) mostra un negro stanco, logoro, irsuto, con gli occhi arrossati dalla stanchezza o dall'alcool. Guarda nel vuoto. Sembra stravolto. Un odore di miseria emana dal dipinto. Per "lo studio del negro" di Théodore Chassériau (3), Joseph il modello nero si contorse in una postura scomoda su richiesta del pittore per incarnare la deformità e l'orrore del diavolo. Siamo nel 1838, il nero è malvagio.
Guadagniamo nell'estrema oscurità delle immagini e dei simboli. Esotismo e nudità vanno di pari passo, vediamo una donna apparire con un seno nudo, inizialmente intitolata "ritratto di una negra" modestamente ribattezzata per le esigenze della mostra "ritratto di una donna di colore". (4) Alcuni video quasi comici se il risultato non dovesse finire nel foraggio dei cannoni, mostrano schermagliatori africani colpiti dal freddo del sorriso invernale, brividi, rivelando all'obiettivo un impeccabile denti più bianchi della neve. Una ragazza borghese in pelliccia accanto a me osa fare un commento inappropriato: "Non erano abituati a camminare con le scarpe, quindi alcuni preferivano andare a piedi nudi sulla neve" … Vediamo scene di hammam. Donne di colore che versano acqua sopra pelle bianca. L'Olympia di Edouard Manet è distesa nella luce, una negra sciolta all'ombra porta i suoi fiori. (Un artista contemporaneo alla fine del viaggio della mostra si diverte a invertire i ruoli. Olympia diventa nera la serva bianca. Che audacia nel 21 ° secolo!) Prima di ciò, abbiamo visto nella foto nel mezzo di un bordello una donna di colore tra una truppa di prostitute bianche. O una donna di colore molto ben dipinta che fa da baby-sitter a bionde in un parco negli eleganti quartieri di Parigi. Alcuni busti sudanesi sono scolpiti nella pietra da scultori orientalisti. E poi la mostra termina nel folklore e danza con il clown al cioccolato che viene preso a calci nel culo da un becco bianco e Josephine Baker che strizza gli occhi e fa una smorfia a chi danza la banana mentre si deforma come un elastico. Cosa ci ha detto la nota di intenti del Musée d'Orsay nel preambolo? "Questa mostra prende in esame questioni estetiche, politiche, sociali e razziali, nonché l'immaginazione rivelata dalla rappresentazione di figure nere nelle arti visive, dall'abolizione della schiavitù in Francia (1794) ai giorni nostri. " Tutto è detto. L'immaginazione rivelata dalla rappresentazione di figure nere nelle arti visive, dall'abolizione della schiavitù ai giorni nostri, non è cambiata di un centimetro. Nella graduazione della gerarchia umana e sociale, il nero è e rimarrà al livello zero. Che dire dei giorni in cui i negri drappeggiati nell'ermellino, indossando corone d'oro e incastonati con pietre preziose, scettro e sfera tra le mani, si imposero nel cuore delle opere di Joos van Cleve o Bernard Van Orley? L'era di un tempo in cui l'arte sacra delle Fiandre olandesi in Lituania non poteva fare a meno di un re nero? Forse un re dei maghi, ma un re nero. Ci sono dozzine e dozzine di opere bibliche sul tema dell'Adorazione dei Magi. Ce ne sono molti. Il modello nero è ben visibile lì. (5,6,7) Qual è il significato di questo tema? Perché i sovrani sono stati dipinti in ginocchio davanti al bambino Gesù? Chi sono stati i modelli scelti? Da dove vengono? Cosa stavano facendo nel Nord Europa? Quando la più grande basilica del mondo, pochi centimetri più grande di San Pietro di Roma, è costruita nella boscaglia nel cuore del paese Baoulé, in Costa d'Avorio, Félix Houphouet Boigny chiede di prendere il posto del re mago nero. Appare su una finestra di vetro colorato in ginocchio davanti al bambino naturalmente bianco Gesù circondato da una folla di ugualmente bianchi spettatori cristiani. Il Signor Fakoury, l'architetto del capriccio megalomane presidenziale, figura anche nella folla di personaggi che vennero ad accogliere il bambino divino. Era consuetudine che i re del passato fossero rappresentati nel mezzo di scene bibliche. Affermarono così come sovrani la loro divina, sacra filiazione. Houphouet Boigny ha fatto lo stesso. (8) Anche gli sponsor di opere sacre si sono concessi il diritto di apparire sulla scena. Nell'adorazione dei maghi della chiesa di Santa Corona, la mia ricerca mi ha insegnato che la figura barbuta a sinistra, dietro il re nero non era altro che lo sponsor del dipinto, un ricco mercante di tessuti. (9) Sono un pittore Inutile dire che mi interessa dipingere in tutte le sue forme e di tutte le epoche. Il mio interesse per la storia mi ha portato a raccogliere più di 450 immagini di epoche diverse, forme diverse, dipinti, sculture, bassorilievi, gioielli, stemmi, illustrazioni di vecchi libri, arazzi su cui sono uomini o donne neri.
Come parte dell’iniziativa Black History Month, vorrei poter condividere il frutto della mia ricerca su seminari, dibattiti e riflessioni con scienziati, storici, storici dell'arte, antropologi, sociologi, filosofi e giornalist,. per cercare di capire in quali circostanze tali opere potrebbero essere state prodotte e per quali scopi. Cercare anche di capire come i nomi degli uomini e delle donne neri in queste opere sarebbero potuto andare persi nel tempo, e anche di mettere in discussione i motivi della mancata diffusione di queste immagini. Queste immagini presentate nel modulo, ad esempio di una presentazione, potrebbero servire da base per la ricerca scientifica, che solleva anche la questione di FAKE nella rappresentazione ufficiale di personaggi storici. (Ho fatto questa ricerca su Charles Quint e mi sono reso conto che tutte le rappresentazioni ufficiali di Charles Quint sono false. Questa è una copia, inclusi gli originali attribuiti a Rubens o Le Titien non esistono o sono scomparsi. Un'altra domanda ideologica: se la schiavitù era giustificata dal fatto che i neri non avevano anima, perché era necessario che in tutte le rappresentazioni religiose fino al XVI secolo la presenza di era richiesto un re nero dal bambino divino? O, in altre parole, quando il nero ha perso la sua anima? Non essendo uno scienziato né uno storico, non posso fornire alcuna risposta a queste domande. Da qui l'interesse di invitare specialisti ad aprire il dibattito e cercare di fornire risposte.
Guadagniamo nell'estrema oscurità delle immagini e dei simboli. Esotismo e nudità vanno di pari passo, vediamo una donna apparire con un seno nudo, inizialmente intitolata "ritratto di una negra" modestamente ribattezzata per le esigenze della mostra "ritratto di una donna di colore". (4) Alcuni video quasi comici se il risultato non dovesse finire nel foraggio dei cannoni, mostrano schermagliatori africani colpiti dal freddo del sorriso invernale, brividi, rivelando all'obiettivo un impeccabile denti più bianchi della neve. Una ragazza borghese in pelliccia accanto a me osa fare un commento inappropriato: "Non erano abituati a camminare con le scarpe, quindi alcuni preferivano andare a piedi nudi sulla neve" … Vediamo scene di hammam. Donne di colore che versano acqua sopra pelle bianca. L'Olympia di Edouard Manet è distesa nella luce, una negra sciolta all'ombra porta i suoi fiori. (Un artista contemporaneo alla fine del viaggio della mostra si diverte a invertire i ruoli. Olympia diventa nera la serva bianca. Che audacia nel 21 ° secolo!) Prima di ciò, abbiamo visto nella foto nel mezzo di un bordello una donna di colore tra una truppa di prostitute bianche. O una donna di colore molto ben dipinta che fa da baby-sitter a bionde in un parco negli eleganti quartieri di Parigi. Alcuni busti sudanesi sono scolpiti nella pietra da scultori orientalisti. E poi la mostra termina nel folklore e danza con il clown al cioccolato che viene preso a calci nel culo da un becco bianco e Josephine Baker che strizza gli occhi e fa una smorfia a chi danza la banana mentre si deforma come un elastico. Cosa ci ha detto la nota di intenti del Musée d'Orsay nel preambolo? "Questa mostra prende in esame questioni estetiche, politiche, sociali e razziali, nonché l'immaginazione rivelata dalla rappresentazione di figure nere nelle arti visive, dall'abolizione della schiavitù in Francia (1794) ai giorni nostri. " Tutto è detto. L'immaginazione rivelata dalla rappresentazione di figure nere nelle arti visive, dall'abolizione della schiavitù ai giorni nostri, non è cambiata di un centimetro. Nella graduazione della gerarchia umana e sociale, il nero è e rimarrà al livello zero. Che dire dei giorni in cui i negri drappeggiati nell'ermellino, indossando corone d'oro e incastonati con pietre preziose, scettro e sfera tra le mani, si imposero nel cuore delle opere di Joos van Cleve o Bernard Van Orley? L'era di un tempo in cui l'arte sacra delle Fiandre olandesi in Lituania non poteva fare a meno di un re nero? Forse un re dei maghi, ma un re nero. Ci sono dozzine e dozzine di opere bibliche sul tema dell'Adorazione dei Magi. Ce ne sono molti. Il modello nero è ben visibile lì. (5,6,7) Qual è il significato di questo tema? Perché i sovrani sono stati dipinti in ginocchio davanti al bambino Gesù? Chi sono stati i modelli scelti? Da dove vengono? Cosa stavano facendo nel Nord Europa? Quando la più grande basilica del mondo, pochi centimetri più grande di San Pietro di Roma, è costruita nella boscaglia nel cuore del paese Baoulé, in Costa d'Avorio, Félix Houphouet Boigny chiede di prendere il posto del re mago nero. Appare su una finestra di vetro colorato in ginocchio davanti al bambino naturalmente bianco Gesù circondato da una folla di ugualmente bianchi spettatori cristiani. Il Signor Fakoury, l'architetto del capriccio megalomane presidenziale, figura anche nella folla di personaggi che vennero ad accogliere il bambino divino. Era consuetudine che i re del passato fossero rappresentati nel mezzo di scene bibliche. Affermarono così come sovrani la loro divina, sacra filiazione. Houphouet Boigny ha fatto lo stesso. (8) Anche gli sponsor di opere sacre si sono concessi il diritto di apparire sulla scena. Nell'adorazione dei maghi della chiesa di Santa Corona, la mia ricerca mi ha insegnato che la figura barbuta a sinistra, dietro il re nero non era altro che lo sponsor del dipinto, un ricco mercante di tessuti. (9) Sono un pittore Inutile dire che mi interessa dipingere in tutte le sue forme e di tutte le epoche. Il mio interesse per la storia mi ha portato a raccogliere più di 450 immagini di epoche diverse, forme diverse, dipinti, sculture, bassorilievi, gioielli, stemmi, illustrazioni di vecchi libri, arazzi su cui sono uomini o donne neri.
Come parte dell’iniziativa Black History Month, vorrei poter condividere il frutto della mia ricerca su seminari, dibattiti e riflessioni con scienziati, storici, storici dell'arte, antropologi, sociologi, filosofi e giornalist,. per cercare di capire in quali circostanze tali opere potrebbero essere state prodotte e per quali scopi. Cercare anche di capire come i nomi degli uomini e delle donne neri in queste opere sarebbero potuto andare persi nel tempo, e anche di mettere in discussione i motivi della mancata diffusione di queste immagini. Queste immagini presentate nel modulo, ad esempio di una presentazione, potrebbero servire da base per la ricerca scientifica, che solleva anche la questione di FAKE nella rappresentazione ufficiale di personaggi storici. (Ho fatto questa ricerca su Charles Quint e mi sono reso conto che tutte le rappresentazioni ufficiali di Charles Quint sono false. Questa è una copia, inclusi gli originali attribuiti a Rubens o Le Titien non esistono o sono scomparsi. Un'altra domanda ideologica: se la schiavitù era giustificata dal fatto che i neri non avevano anima, perché era necessario che in tutte le rappresentazioni religiose fino al XVI secolo la presenza di era richiesto un re nero dal bambino divino? O, in altre parole, quando il nero ha perso la sua anima? Non essendo uno scienziato né uno storico, non posso fornire alcuna risposta a queste domande. Da qui l'interesse di invitare specialisti ad aprire il dibattito e cercare di fornire risposte.
All photos © Lorenzo Piano