Lorenzo Piano Fotografo

Gopal Dagnogo - Ph. Lorenzo Piano

Il modello nero nella pittura in Europa. 
Dalla Grecia antica fino al Rinascimento, il modello nero è spesso rappresentato nelle arti in Europa. Dipinti, sculture,gioielli e scudi lo attestano.
Però è inciso nella coscienza collettiva che i soggetti neri se presenti nelle rappresentazioni artistiche, lo sono essenzialmente in quanto schiavi, servi o domestici. 
Rarissime sono le mostre d'arte i cui artefatti presentano soggetti neri ricoperti di mantelli d'ermellino, di gioielli e collari d'oro. Eppure tali immagini esistono, talvolta nelle opere a carattere biblico, talvolta sotto forma di ritratti come amava farsi ritrarre la nobiltà di allora.

Chi sono dunque questi uomini e queste donne nere, riccamente vestiti, appartenenti alle classi superiori europee i cui nomi sono scomparsi mentre sono stati conservati quelli dei pittori che li hanno ritratti tali Jan Mostaert, Joos Van Cleeve, o ancora Albrecht Dürer, che furono ammessi come pittori ufficiali di famiglie regali? Può darsi che una nobiltà nera abbia vissuto e prosperato in Europa fino al diciottesimo secolo? La domanda si pone e rimane aperta.
BHMBo - Conferenze

La stagione  inaugurale  del  Black history month accolta  dal  territorio  bolognese, poggia  sul  tema “Obbligato”  che  come  sottolineato durante  la  conferenza  stampa, lo scorso gennaio  al  Palazzo d’Arcursio,  ne  evidenziava  due  aspetti fondamentali : 
In primis la conoscenza dell’impegno  sociale  reciproco, sia delle comunità  afrodiscendente  sul  territorio che quello del  popolo italiano, nel  tessere  insieme  un clima  di  convivenza  pacifica  e  di  condivisione  delle  culture  al  fine  di  favorire l’inclusione  sociale  dei  primi. 
 In secondo come  nel  gergo Jazz, in stretta  analogia  con il  significato della  parola  Obbligato  che  rimanda  ad  una  melodia  parallela  che  si  sviluppa  a  pari  passo con quella centrale  ed  i  cui  sviluppi  possono avere  lo  stesso valore  di  quella  centrale  se  non uguale  a quest’ultima, cioè la condivisione della  memoria e della storia  dei  popoli  afrodiscendenti  con i  cittadini  bolognesi tramite  laboratori  d’artigianato, mostre  d’arte,  conferenze  ecc. 
A questo proposito abbiamo  ritenuto  opportuno trattare la  restituzione  e  la  riparazione  delle “opere  d’Arte  africana”  volute  da  Emmanuel  Macron nel  2018 che  ha  raccolto il  contributo  di intellettuali  africani  di  tutte  le  discipline  e  tutte  le  provenienze tra  cui  quella  del  Prof Achille  Mbembe  storico e  politologo  camerunense  che  ha voluto  condividere  con noi  le  sue riflessioni,  affidandomi  la  traduzione  in Italiano  a  questo scopo. 
Qui  mi  accontenterò di rendere disponibile soltanto uno spezzone  selezionato  appositamente. 

Per voi  introduzione  e  traduzione  dal  francese  all’italiano  a cura  di    Patrick  Joel  Tatcheda  Yonkeu  per  BHMB   --->

"Opere  d’arte  africano: Restituzione  e  riparazione" di Achille  Mbembe   storico e  politologo  camerunense 
Dopo aver  preso l’impegno di  restituire  il  patrimonio africano presente  nelle  collezioni  nazionali francesi,  E. Macron ha  affidato questa  missione  all’universitario  senegalese  Felwine  Sarr. 
L’intellettuale  camerunense  Achille  Mbembe  ci  offre  qui  le  piste  di  quello  che  considera  come  un dovere  di  verità  e  di  giustizia.   
Il  4 febbraio  del  1874, Garnet  Wolseley, capo  del  corpo  della  spedizione  inglese,  fece  il suo ingresso nella  capitale  del  regno  Ashanti.  Avvertito dalle  sue  spie  il  Re  Ashanti  Lasantehene Kofi  KariKari  aveva  lasciato la  città.  Wolseley  incendiò il  palazzo regale  dopo essersi  impossessato di  un gigantesco bottino.  Tardi  nella  notte  e  nonostante  la  pioggia,   secondo delle testimonianze, si  poteva  ancora vedere  da  lontano una  luce  rossicia  illuminare  la  città.  Tutto il  tesoro regale  fu razziato. Il  bottino  includeva  enormi  maschere  in oro puro, il  famoso Golden  stool  (il  trono d’oro dei  Re  Ashantis) e molti altri  oggetti  sacri, di  cui  la  maggior  parte  si  ritrovarono  più tardi  al  British Museum  ed in altre  collezioni  private  e  pubbliche.
 Sterminio e  cancellazione  simbolica
 Il  17 novembre  del  1892, era  il  turno del  Generale  Dodds  a saccheggiare  il  palazzo  regale d’Abomey (Benin).  Troni  e  scettri  regali, bracciali  d’argento e  d’ottone, tende  di  seta  ricamata, rosari  di  Cauris,  innumerevoli  monete  d’oro, armi,  porte  sacre e statue  antropomorfe  furono portate via.
 La  lavorazione  del  metallo era  stata  per  molti  secoli  una  delle  caratteristiche  della  cultura  Fon d’Abomey,  e ancora la  maggior parte  di  codeste  opere  si  ritrovò in  collezioni  private  ed altre istituzioni  museali  d’Occidente.
Non esiste  nessun museo occidentale  degno di  questo nome  che  non riposi  su un vasto campo di ossa  africane. E non è  tutto.  A  questo conteggio  sommario bisognerebbe  aggiungere  migliaia  di  teste  mozzate  a colpi  d’ascia  ed  esportate  dall’Africa, risultato  di  innumerevoli  decapitazioni  dopo innumerevoli spedizioni  punitive. Soltanto  nell’attuale  Namibia,  più di  300 teste, raccolte  dopo lo sterminio degli Hereros   nel 1904, furono inviate  in  Germania.  Maschere  mortuarie,  tra cui  quelle  di  grandi  capi africani, furono esibite  durante  “l’Exposition  universelle”  del  1889. Migliaia  di  teschi  e  centinaia   di  migliaia  di  oggetti  africani  si  trovano  oggi  in diversi  musei d’Europa. Il  diritto di  conquista  non imponeva  soltanto la  disfatta  militare  dei  popoli  "selvaggi", bisognava  anche  spossessare  materialmente   e  cancellare  i  legami  che  intrattenevano i  loro oggetti con il  Cosmos. Al  museo dell’Uomo  a  Parigi,  al  museo  delle  confluenze  a  Lione, tutto come  in  numerosi  centri ospedalieri  ed istituzioni, resti  di  Re  ed altre  reliquie  mortuarie  sono ammassate  in immense  riserve, a  volte  senza  segnalazione  ne  classificazione. Supporto di  una classifica pseudoscientifica.
 Nel  corso del  XIX secolo,  una  parte  di  questa  raccolta  macabra  servi  come  materiale  di  base per dimostrazioni  – pseudoscientifiche.  La  maggior parte  di  queste  sperimentazioni  avevano in realtà  uno  solo scopo: La  classifica  razziale  del  genere  umano. Medicina,  filosofia,  scienze  naturali, scienze  umane…  Tutte  le  discipline  parteciparono  a  questa cupa   impresa. La  violenza  coloniale  non risparmiò ne  gli  esseri  umani  ne  i  beni.  Il  suo scopo ultimo  era  la  desimbolizzazione  della  vita  degli  africani. L’insieme  dei  sistemi  occidentali  del  sapere  e  della  conoscenza  ereditati  dalla  modernità  ne  fu contagiato.   Di  colpo, evocare  lo statuto degli  oggetti  africani  nei  musei  europei,  è  inevitabilmente convocare  questa  faccia  oscura  del  colonialismo. Si  parla  allora  oggi  di  “restituzione”. Restituire  questi  oggetti  significa  liberarli  affinché  essi  ritrovino  una  nuova  vita  e  che  in ritorno loro possano fecondare  forze  di  vita. Questo  significa  fare  in  modo che  siano visti  altrimenti.  Da  altri, compreso  dai  loro  legatari legittimi... 
Il video completo della conferenza
Le model noir a Bologna
Per quanto ci  riguarda  come   comitato culturale, quello che  è  stato detto precedentemente  solleva  la questione  di  riparazione  ed essa  si  farà  anche  necessariamente  attraverso la  riabilitazione  delle memorie  violate  e  disseminate  dei  popoli  afrodiscendenti  attraverso il  globo.  Ed  è  una  delle  ragioni   che  ha  motivato il  nostro  impegno  nella  co-promozione  con l’Accademia  delle  Belle  Arti  di Bologna, lo  scorso febbraio,  il  progetto “Le  model noir”  a  noi  proposto dall’artista   Franco-Avoriano   Gopal  Dagnogo.  Ispiratosi  alla  rassegna  di  Opere  tra  pittura,  scultura,  fotografia  ed incisione  ospitata  dal   Musée d’Orsay di  Parigi   quest’anno intitolata  “Le  model  noir  da  Géricault  a  Matisse”, precedentemente presentata  a  New  York alla  Wallach  Art  della  Columbia  University  e  voluta  dal  Presidente  della Repubblica  francese  E. Macron,  facendo eco  alla  sua  promessa  di  restituzione  e  riparazione  in riferimento  alle  “Opere  d’arte  africana”.  In questa  occasione,  l’artista  ha  onorato la  nostra  iniziativa Black  history month   del  suo contributo  condividendo per  mezzo  di  una  conferenza   nell’aula Magna  dell’Accademia  delle  Belle  Arti,  la  restituzione  del  frutto delle   sue  ricerche  sul  posto  o lo statuto  dell’uomo  nero nelle  società  europee  dalla  fine  del  sedicesimo  secolo agli  inizi  del ventesimo  secolo attraverso  la  lente  del  pittore  che segue lo sguardo dei  suoi  predecessori  sucitati  e  della  storia  dell’arte.

Per voi  introduzione  e  traduzione  dal  francese  all’italiano  a cura  di    Patrick  Joel  Tatcheda  Yonkeu  per  BHMB   --->
 Gopal Dagnogo - Le model Noir
Mentre  scrivo  queste  righe  "Le  model  noir  di  Géricault" e  tutte le  opere  che  lo  accompagnano continuano il  loro giro  al  Mémorial  Acte  di  Pointe  à  Pitre  in Guadalupa,  Museo commemorativo  dell'abolizione  del  la  schiavitù. È  un progetto ambizioso,  un approccio  nomade  multidisciplinare,  che  naviga  da  Harlem  ai  Caraibi,  tra  storia  dell'arte  e  storia delle  idee. Ecco  cosa  ci  dice  la  nota  di  intenti  del  Musée  d’Orsay: 
"Questa  mostra  prende  in esame  questioni  estetiche,  politiche,  sociali  e  razziali,  nonché l'immaginazione  rivelata  dalla  rappresentazione  di  figure  nere  nelle  arti  visive, dall'abolizione  della schiavitù  in Francia  (1794) ai  giorni  nostri.  Pur offrendo  una  prospettiva  continua, si  ferma  più in particolare  in tre  periodi  chiave:  l'era  dell'abolizione  (1794-1848), il  periodo  della  Nuova  pittura fino alla  scoperta  di  Matisse  del  Rinascimento  di  Harlem  e  gli  inizi  delle  avanguardie  del  20 ° secolo e  le  successive  generazioni  di  artisti  del  dopoguerra  e  contemporanei. La  mostra  è  principalmente  interessata  alla  questione  del  modello, e  quindi  del  dialogo tra  l'artista che  dipinge, scolpisce,  incide  o fotografa  e  il  modello che  posa.  In particolare,  esplora  l'evoluzione della  rappresentazione  dei  soggetti  neri  nelle  principali  opere  di  Théodore  Géricault,  Charles Cordier,  Jean-Baptiste  Carpeaux,  Edouard Manet,  Paul  Cézanne  e  Henri  Matisse,  così  come  i fotografi  Nadar e  Carjat  si  evolve. " 
Vasto programma,  nobile  e  ambizioso. Il  clamore  che  ne  deriva  è  fragoroso.  Voglio assolutamente vedere  questa  mostra  promettente.  Mi  precipito al  Musée  d'Orsay, un grandioso museo di architettura  ferroviaria,  ho deciso di  intraprendere  un viaggio  nel  tempo, un viaggio attraverso la storia. Sono un pittore  ed amo  la  storia. "Lemodel   noir  da  Géricault  a  Matisse"  mi  ha  lasciato diffidente. Ho avuto  un'impressione  di sopravvalutato, riscaldato.  Morbido  calore.  Nessuna  sorpresa, nessuna  meraviglia,  nessun incantesimo.  Il  modello nero ha  mantenuto il  suo posto, il  suo rango, la  sua  classe  bassa, il  suo status  inferiore. Naturalmente,  la  mostra  intende  riabilitare  l'immagine  dell'uomo nero nella  pittura  e  nella  storia  in generale. Quindi  vediamo  due  o tre  incisioni  di  politici  delle  Indie  occidentali  o della  Guyana  del XIX  secolo.  Vediamo  di  nuovo il  ritratto  a  figura  intera  di  Jean-Baptiste  Bellay appoggiato  al  busto di  marmo di  Guillaume-Thomas  Raynal, il  fervente  anti-schiavitù. (1) Poi  ci  sono scene  di  schiavi  che  si  agitano come  lombrichi  che  vengono  fatti  a  pezzi  sotto le  ciglia. Opere  mal  realizzate. E  poi  le  catene  che  si  spezzano. L'abolizione. I neri  vengono  liberati, passano nella  vernice  dallo stato di  schiavo  a  quello di  servo, servo, ragazzo, cameriera,  tata  o prostituta. Il  ritratto  di  Joseph  dipinto  da  Géricault  (2) mostra  un negro stanco,  logoro, irsuto, con  gli  occhi arrossati  dalla  stanchezza  o dall'alcool.  Guarda  nel  vuoto.  Sembra  stravolto. Un odore  di  miseria emana  dal  dipinto. Per "lo studio del  negro" di  Théodore  Chassériau  (3), Joseph il  modello nero si  contorse  in una postura  scomoda  su richiesta  del  pittore  per  incarnare  la  deformità  e  l'orrore  del  diavolo. Siamo  nel 1838, il  nero  è  malvagio.
Guadagniamo  nell'estrema  oscurità  delle  immagini  e  dei  simboli. Esotismo e  nudità  vanno di  pari  passo, vediamo  una  donna  apparire  con un seno nudo, inizialmente intitolata  "ritratto  di  una  negra"  modestamente  ribattezzata  per le  esigenze  della  mostra  "ritratto  di una  donna  di  colore". (4) Alcuni  video  quasi  comici  se  il  risultato  non dovesse  finire  nel  foraggio dei  cannoni,  mostrano schermagliatori  africani  colpiti  dal  freddo del  sorriso invernale,  brividi,  rivelando  all'obiettivo  un impeccabile  denti  più  bianchi  della  neve. Una  ragazza  borghese  in pelliccia  accanto  a  me  osa  fare un commento inappropriato:  "Non erano abituati  a  camminare  con  le  scarpe,  quindi  alcuni preferivano  andare  a  piedi  nudi  sulla  neve" … Vediamo scene  di  hammam.  Donne  di  colore  che  versano acqua  sopra  pelle  bianca. L'Olympia  di Edouard Manet  è  distesa  nella  luce,  una  negra  sciolta  all'ombra  porta  i  suoi  fiori. (Un artista contemporaneo alla  fine  del  viaggio  della  mostra  si  diverte  a  invertire  i  ruoli. Olympia  diventa  nera la  serva  bianca.  Che  audacia  nel  21 ° secolo!) Prima  di  ciò, abbiamo  visto nella  foto nel  mezzo di  un bordello una  donna  di  colore  tra  una  truppa di  prostitute  bianche. O  una  donna  di  colore  molto  ben dipinta  che  fa  da  baby-sitter a  bionde  in  un parco negli  eleganti  quartieri  di  Parigi. Alcuni  busti  sudanesi  sono scolpiti  nella  pietra  da  scultori  orientalisti. E  poi  la  mostra  termina  nel  folklore  e  danza  con il  clown al  cioccolato che  viene  preso a  calci  nel culo da  un becco bianco e  Josephine  Baker che  strizza  gli  occhi  e  fa  una  smorfia  a  chi  danza  la banana  mentre  si  deforma  come  un elastico. Cosa  ci  ha  detto la  nota  di  intenti  del  Musée  d'Orsay nel  preambolo? "Questa  mostra  prende  in esame  questioni  estetiche,  politiche,  sociali  e  razziali,  nonché l'immaginazione  rivelata  dalla  rappresentazione  di  figure  nere  nelle  arti  visive, dall'abolizione  della schiavitù  in Francia  (1794) ai  giorni  nostri.  " Tutto  è  detto.  L'immaginazione  rivelata  dalla  rappresentazione  di  figure  nere  nelle  arti  visive, dall'abolizione  della  schiavitù ai  giorni  nostri,  non è  cambiata  di  un centimetro.  Nella  graduazione della  gerarchia  umana  e  sociale, il  nero è  e  rimarrà  al  livello zero. Che  dire  dei  giorni  in cui  i  negri  drappeggiati  nell'ermellino,  indossando  corone  d'oro e  incastonati con pietre  preziose, scettro  e  sfera  tra  le  mani, si  imposero  nel  cuore  delle  opere  di  Joos  van  Cleve  o Bernard  Van  Orley?  L'era  di  un tempo  in cui  l'arte  sacra  delle  Fiandre  olandesi  in Lituania  non poteva  fare  a  meno  di  un re  nero?  Forse  un re  dei  maghi, ma  un re  nero.  Ci  sono dozzine  e  dozzine di  opere  bibliche  sul  tema  dell'Adorazione  dei  Magi. Ce  ne  sono molti.  Il  modello nero  è  ben visibile  lì.  (5,6,7) Qual  è  il  significato di  questo tema?  Perché  i  sovrani  sono stati  dipinti  in  ginocchio  davanti  al bambino  Gesù?  Chi  sono stati  i  modelli  scelti?  Da  dove  vengono?  Cosa  stavano  facendo  nel  Nord Europa? Quando  la  più  grande  basilica  del  mondo, pochi  centimetri  più  grande  di  San Pietro di  Roma, è costruita  nella  boscaglia  nel  cuore  del  paese  Baoulé, in Costa  d'Avorio, Félix Houphouet  Boigny chiede  di  prendere  il  posto  del  re  mago nero.  Appare  su una  finestra  di  vetro  colorato  in ginocchio davanti  al  bambino naturalmente  bianco  Gesù circondato  da  una  folla  di  ugualmente  bianchi spettatori  cristiani.  Il  Signor Fakoury, l'architetto del  capriccio  megalomane  presidenziale,  figura anche  nella  folla  di  personaggi  che  vennero ad  accogliere  il  bambino divino.  Era  consuetudine  che  i re  del  passato  fossero rappresentati  nel  mezzo  di  scene  bibliche.  Affermarono  così  come  sovrani  la loro divina, sacra  filiazione.  Houphouet  Boigny ha  fatto lo  stesso. (8)  Anche  gli  sponsor di  opere sacre  si  sono concessi  il  diritto di  apparire  sulla  scena.  Nell'adorazione  dei  maghi  della  chiesa  di Santa  Corona,  la  mia  ricerca  mi  ha  insegnato che  la  figura  barbuta  a  sinistra,  dietro il  re  nero  non era  altro che  lo sponsor del  dipinto,  un ricco  mercante  di  tessuti. (9) Sono un pittore  Inutile  dire  che  mi  interessa  dipingere  in tutte  le  sue  forme  e  di  tutte  le  epoche.  Il mio interesse  per la  storia  mi  ha  portato a  raccogliere  più di  450 immagini  di  epoche  diverse,  forme diverse, dipinti,  sculture, bassorilievi,  gioielli,  stemmi,  illustrazioni  di  vecchi  libri, arazzi  su cui sono uomini  o donne  neri.
Come  parte  dell’iniziativa  Black History Month, vorrei  poter  condividere  il  frutto della  mia  ricerca su seminari,  dibattiti  e  riflessioni  con scienziati, storici, storici  dell'arte, antropologi,  sociologi, filosofi  e  giornalist,.  per cercare  di  capire  in quali  circostanze  tali  opere  potrebbero essere  state prodotte  e  per quali  scopi. Cercare  anche  di  capire  come  i  nomi  degli  uomini  e  delle  donne  neri  in queste  opere  sarebbero potuto  andare  persi  nel  tempo, e  anche  di  mettere  in  discussione  i  motivi della  mancata  diffusione  di  queste  immagini. Queste  immagini  presentate  nel  modulo, ad  esempio  di  una  presentazione,  potrebbero  servire  da base  per la  ricerca  scientifica, che  solleva  anche  la  questione  di  FAKE  nella  rappresentazione ufficiale  di  personaggi  storici. (Ho fatto  questa  ricerca  su Charles  Quint  e  mi  sono reso conto che tutte  le  rappresentazioni  ufficiali  di  Charles  Quint  sono false.  Questa  è  una  copia, inclusi  gli originali  attribuiti  a  Rubens  o Le  Titien  non esistono  o sono scomparsi. Un'altra  domanda  ideologica:  se  la  schiavitù  era  giustificata  dal  fatto  che  i  neri  non avevano anima, perché  era  necessario  che  in  tutte  le  rappresentazioni  religiose  fino  al  XVI secolo la  presenza  di  era richiesto  un re  nero dal  bambino  divino?  O, in altre  parole,  quando il  nero ha  perso la  sua  anima? Non essendo uno scienziato  né  uno storico,  non posso fornire  alcuna  risposta  a  queste  domande.  Da qui  l'interesse  di  invitare  specialisti  ad  aprire  il  dibattito e  cercare  di  fornire  risposte.
 All photos  © Lorenzo Piano

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